CLANDESTINO SULL'OCEANO
Andrea Doria, otto giorni di navigazione prima del disastro
Immaginatevi di essere sul ponte di una nave da crociera, una bellissima nave da crociera!
Torniamo indietro di 60 anni, anzi 62 per la precisione.
Distesi su comodi sdrai, sul ponte, a prendere il sole.
La nave che ci ospita è una nave speciale, anzi specialissima, tutto il mondo ce la invidia, ma è il vanto della migliore marineria del mondo, quella italiana.
Non è la nave più grande, ci sono transatlantici più lunghi, con stazze più importanti.
Non è la nave più veloce, ci sono i levrieri del mare inglesi per quello.
Ma è la nave più bella al mondo!
Per fare la traversata atlantica e giungere a New York ci si mette un giorno in più con questa nave, perché si fa la rotta del sole; si sfiora il tropico e solo l'ultimo giorno si cercano le fredde acque del nord per entrare nella baia di Hudson. Ormai Ellis Island, l'isola della Statua della Libertà, simbolo di New York, dove attraccavano le navi cariche di emigranti, per il riconoscimento, è diventato un museo. Ora si attracca direttamente nel molo sul fiume Hudson e si entra direttamente nel cuore della grande mela: New York.
Il viaggio è una festa, tutta la nave è dotata di aria condizionata, la cucina italiana è curatissima, il lusso è in tutte e tre le classi, anche la turistica, l'ex terza classe, ha la sua piscina!
Tutto sa d'Italia e... tutti i personaggi famosi, fanno a gara per contendersi un passaggio!
Una giornalista americana ha scritto:
«Già quando vi avvicinate al molo 84, sfidando il gelido vento dell'Hudson, e date la prima occhiata alla leggiadra nave bianca, con i suoi ponti graziosamente terrazzati verso poppa, il suo unico fumaiolo, in parte monolitico e in parte grigliato, dipinto con gli accattivanti colori della bandiera italiana, riceverete subito l'immagine di un panfilo da crociera intento a navigare sotto i cieli del Mediterraneo, blu come il manto della Madonna, e dentro c'è tanta di quell'arte... e sì, mi sia concesso dire: gli Italiani questa cosa la fanno meglio di tutti!»
E' un doppio orgoglio essere su questa nave ed essere italiani!
Sapete che questa nostra nave è stata anche attrice?
In una scena di "Fronte del Porto" volevano riprendere una nave in uscita. Non volevano una nave qualunque, ma una bella e per combinazione stava passando la nostra nave, così il regista Elia Kazan fece riprendere il passaggio mentre Marlon Brando recitava una scena.
"Ma non è questo. È questione di classe! Potevo diventare un campione. Potevo diventare qualcuno, invece di niente... come sono adesso".
Se rivedrete questo bellissimo film, potrete ammirare l'Andrea Doria.
Perché un libro sull'Andrea Doria? In tanti mi hanno posto questa questione. Si è già detto di tutto su quella nave e sul suo tragico incidente; molti hanno scritto e riscritto. Raccontato com'è avvenuto, quali sono state le cause e le motivazioni, cercato i segreti, le responsabilità, il complotto, la perdita dei capolavori artistici, il sogno interrotto, la creatività italiana. A inizio libro, svelerò le ampie motivazioni che mi hanno spinto a portare a termine questo lavoro, tenendo comunque conto che... Mi sono voluto regalare l'ultimo viaggio... da clandestino.
Rotta del sole: ore 15,30 del 20 luglio 1956 a circa 100 miglia nautiche da Gibilterra, nell'Oceano Atlantico
«ALLORA È PRONTA LA CREMA... CI SONO TUTTI I BIGNÈ DA RIEMPIRE. DOBBIAMO PASSARE TUTTO IL POMERIGGIO AD ASPETTARE CHE SI RIEMPIANO DA SOLI?»
Così è solito impartire gli ordini Giovanni: urlando; è il mio Capo Pasticcere, al secolo Giovanni Franceschetti classe 1924, nato a Cortemilia, un crocevia di Langa tra il Piemonte e il mare, in provincia di Cuneo, ma ad un "tiro di schioppo" dal confine con l'astigiano. Egli era un girovago per professione; un nomade delle dolcezze culinarie.
Racconta volentieri, a tutti, la sua vita: che iniziò subito a navigare dall'età di quindici anni come mozzo per diventare garzone di cucina. La sua attitudine, il suo impegno emersero immediatamente ed imparò il difficile mestiere del cuoco.
Durante la Seconda Guerra Mondiale si arruolò volontario come marinaio: in fondo, il mare, "quasi" si vedeva da Cortemilia e sicuramente se ne sentivano le fragranze quando il Libeccio soffiava.
Per sua sfortuna, che poi si rivelerà una buona sorte, fu fatto prigioniero e trasferito in America, con tutto l'equipaggio della nave su cui era imbarcato. Fu internato in un campo di prigionia in California. Per lui la guerra, appena iniziata, era già finita.
Durante il periodo di segregazione, viste le sue competenze, fu incaricato a dirigere le cucine di tutto il campo.
Su questa nave ora egli dirige tutte e cinque le cucine (1° classe, 2° classe, turistica, equipaggio e ufficiali) con squadre di decine di cuochi che ogni giorno preparano colazione, pranzo e cena per circa duemila persone, tra equipaggio ed ospiti, elaborando dolci che sono considerati tra i più buoni al mondo.
Dai forni, tutti i giorni, esce pane fresco e fragrante.
Io ero al mio primo viaggio e non ero stato neppure registrato; Giovanni un giorno, vedendomi bighellonare al Bar del Centro a Cortemilia, mi chiese se volessi fare un viaggio fino in America e ritorno, su una turbonave... la più bella del mondo: l'Andrea Doria.
«Johnny,» mi disse chiamandomi «verresti con me per un viaggio, attraversando l'Atlantico, per vedere l'America?»
«...ma come: l'America?» Risposi fingendomi un tantino sorpreso, anche se conoscevo benissimo il suo ruolo e sapevo che questa proposta era stata già rivolta ad altri giovani come me, un piccolo lavoro e un viaggio da favola, garantiti. «Io in America ci vorrei andare, sono le "cento lire" che mi mancano» risposi scherzosamente interpretando una canzone popolare.
Giovanni sorrise, poi prendendo un minerva lo sfregò sul dorso della scatola: il fiammifero emise un breve sfrigolio e poi s'accese sprigionando il calore che la polvere di fosforo rosso emette per accendere una piccola fiammetta sull'estremità del bastoncino di legno.
Lo zolfanello così acceso, Giovanni, se l'avvicinò alla bocca dove, stretto tra le labbra, stava un "mezzo toscano" già in precedenza ardente e che tuttavia aveva smesso la propria combustione.
Ora era il momento buono di rinvigorire quel che restava di quella "sigala" ed assaporare l'acre fumo che entra nei polmoni, bruciando la gola.
«Tranquillo...» disse emettendo un paio di nuvole biancastre «Tranquillo, te le do io "cento lire"... anzi, molto di più. Ti posso dare tremila lire al giorno per sedici giorni, più vitto e alloggio, con aggiunta una vista sulla baia di Hutson da mozzare il fiato. Vedrai anche tu il miracolo: la traversata oceanica s'interromperà bruscamente ed apparirà la stupenda visione dei grattacieli di New York, con i docks portuali destinati ad accogliere le più grandi navi di linea moderne e, ovviamente, i passeggeri; tu però non potrai scendere sul suolo americano».
Sentivo
il cuore in gola, avevo sperato che me lo chiedesse, ma non ero ancora stato
fortunato. Si era già portato una volta Aldo e due volte Francesco ed entrambi
avevano raccontato mille meraviglie di quel viaggio, per contro toccava un
lavoro duro e senza orari, ma c'era la bellezza della vita di bordo per le
poche ore libere restanti.
Ovviamente accettai!
Una notte sotto le stelle...
«Questa sera staremo qui, a guardare le stelle, mi sono fatta portare due coperte spesse e voglio raccontarti un pezzo della mia vita» disse Julia appena l'incontrai e dopo il nostro primo bacio serale.
Ci mettemmo perpendicolarmente all'asse della nave, in una zona non illuminata e non inquinata da altre fonti di luce; il faro faceva brillare il fumaiolo che rifletteva la luce lontana dalla nostra posizione, quello era certamente il punto migliore per guardare le stelle.
La luna era bassa all'orizzonte e la luce argentea non illuminava il cielo; così, nel nero più profondo, emergevano milioni di astri celesti.
Dissi a Julia: «Vedi quello sulla destra, è il Carro Maggiore o Orsa Maggiore, si distinguono bene le quattro stelle che formano il quadrato e le tre del braccio, le riconosci?»
«Sììì... davvero si vedono proprio molto chiaramente!»
«Adesso fissati sul quadrante opposto, lo vedi quel serpente fatto da cinque stelle, sono le più luminose...»
«Vedo anche quelle, sembra una doppia V in verticale».
«Stai guardando Cassiopea, ebbene se tu tracci una riga teorica tra le due costellazioni, a metà trovi una stella solitaria, neppure troppo luminosa, la vedi?»
Era buio, ma immaginavo la sua espressione, concentrata, con gli occhi socchiusi per poter meglio mettere a fuoco l'immagine.
«Sì, la vedo, non è molto luminosa, cos'è?»
Attesi qualche secondo nel dare la risposta, volevo creare un po' di attesa...
«Quella è la stella più importante, cantata, cercata, guardata dai marinai, decantata dai poeti, studiata dagli scienziati... è la Stella Polare!»
Immaginai la delusione di Julia a quella scoperta, infatti: «...ma così piccola e perché è così importante?»
«Vedi è una casualità, tutte le stelle durante la notte ruotano in senso circolare come noi le vediamo muoversi, in realtà loro sono fisse e siamo noi che ruotiamo, creando il cosiddetto movimento apparente delle stelle. La nostra terra tuttavia ruota su un proprio asse, che passa quasi esattamente tra il polo nord e il polo sud; quella stella è diventata così famosa perché è allineata con l'asse terrestre e quindi non ruota; per cui guardando la sua direzione, ci indica esattamente il nord, in questo caso; nella parte opposta della Terra, esiste un'altra stella che fa il medesimo lavoro, ma è, evidentemente, un altro astro luminoso».
«Ma perché, non basta la bussola per la direzione?»
«Oooh, certo che sì, ma come si fa a calcolare la latitudine, cioé la distanza dall'equatore? Si possono contare le miglia percorse e quindi misurare la direzione, ma le correnti, i venti e spesso le tempeste fanno perdere la posizione... così s'inventò il sestante, uno dei primi strumenti di misurazione della posizione utilizzato. Questo era nient'altro che un piccolo cannocchiale con una squadretta graduata, si puntava verso la stella Polare, che ogni navigante riconosce immediatamente, e si regola la base in modo da poterla mettere perpendicolare all'orizzonte; in questo modo si ottiene l'angolo della stella rispetto alla posizione e poi, con degli opportuni conteggi, si riesce esattamente a calcolare la latitudine».
«...ma sai proprio tutto!»
«Beh! Se sapessi tutto, non sarei qui a fare il mozzo... su questa nave».
«Dammi la mano e mettiti più vicino, stiamo qualche momento a guardare il cielo in silenzio e poi ti racconto io un po' della mia vita».
In quel preciso momento il cielo fu solcato da una stella cadente che lasciò la sua coda brillante spegnersi nella notte.
Pensammo entrambi allo stesso desiderio, infatti... ci baciammo.
Fu un bacio lunghissimo, senza fine, voluto e bramato da quel frammento di meteorite.
«No, non può essere vero, uno scontro tra navi...» Tremavo dal freddo e dall'impatto con quell'esperienza drammatica. Julia piangeva e mi chiamava, io le rispondevo che ero lì, vicino a lei, non l'avrei lasciata sola, che stesse tranquilla, «...siamo salvi, siamo VIVI!» Arrivarono due marinai, ma parlavano una lingua incomprensibile, io cercai di parlare in inglese con loro, ma mi dicevano "ingenting" ci fu anche un graduato, ma niente da fare! Finalmente giunse un marinaio che parlava spagnolo, ci chiese i nomi e loro controllavano sulla lista, scuotendo la testa, non ci trovavano. Io dissi che eravamo nella Classe Turistica dell'Andrea Doria. Vidi il marinaio fare una faccia stralunata.
«Ma questa che nave è?»
«La Stockholm!» mi risposero.

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