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10.03.2012

Avventure medievali tra crociate e Sindone


Un buco della Storia fa perdere le tracce della Sindone, dal sacco di Costantinopoli del 1204 fino al 1350 in cui ricompare in Francia, questo racconto vuole dare una risposta romanzata al mistero storico. L'Italia, terra di conquista del Barbarossa, trova la pace all'inizio della terza crociata quella contro il Saladino. Ludovicus, figlio illegittimo dell'Imperatore lo accompagna in quest'avventura. Al ritorno a casa incontra, a Costantinopoli, la Sindone che ne caratterizzerà il resto della sua vita, regalandone avventure ed emozioni; legandola al proprio territorio d'origine... la Valdisusa.


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Il Supplizio

«MALEDETTO SIA TU, PALMIERO Signore di Reanum! 

Tu, tutta la tua filiazione e tutti coloro che diverranno possessori del castrum o della piana. Su voi ricada la dannazione perenne. Si salveranno... si salveranno solo i puri di cuore, coloro che doneranno più di ciò che ricevono da questo feudo. Per tutti gli altri resteranno solo disgrazie, mestizie e lutti. Questo possedimento dovrà restare integro in memoria del gran sacrificio infertoci... per perpetuare e custodire il segreto che noi, oggi, ci porteremo appresso... per sempre!».

A queste ultime parole del templare Ludovicus Capilli seguirono le fiamme appiccate dagli sgherri. Insieme al monaco, furono accusati d'eresia e condannati al rogo: quattro confratelli, sei contadini del luogo e quattro donne. Solo il fuoco purificatore aveva la forza di dividere l'anima dal corpo, solo le fiamme potevano depurare la comunità e non era ammesso lo spargimento del sangue che portava alla morte; anche se tanto ne era stato versato sotto tortura.

Era l'estate del 1221 e la sentenza non dette scampo: Eresia di gruppo. L'inquisitore, venuto da Roma, decise così; e così si stava attuando!

Inquisizione significa indagine.

La crociata contro gli Albigesi era troppo recente e ogni caso sospetto d'ortodossia catara doveva essere eliminato; la paura che la dottrina dei Poveri di Lione si diffondesse era troppo temuta dalla Chiesa. Un avvicinamento, tra i Templari e gli Uomini Puri, era considerato fin troppo pericoloso, tuttavia i presenti sapevano che quell'emessa era una sentenza fasulla, un processo per estorcere una confessione.

Nessuno ebbe il coraggio di contraddire, scoprendo poi che non era più possibile tornare indietro. L'inquisitore voleva che quello di Reanum fosse un sermo generalis, vale a dire un'ammissione pubblica d'eresia, invece divenne una penosa farsa con un altrettanto orrendo verdetto da scordare e cancellare.

La sentenza finale che ne uscì fu:

"In cospectu populi comburantur!" (Bruciateli di fronte al popolo!).

Sulla spianata della Rivata, ove si trovava il crocevia per la via di Villiana con la strada di Djavën verso Ranverso fuori dell'abitato di Reanum, fu approntato un grosso palco. L'intera popolazione del luogo fu chiamata per procurare la legna e le sterpaglie. Quindici pali diritti suddivisi in tre gruppi puntavano verso il cielo e sotto vi erano delle fascine pronte per innescare i roghi.

Cinque alla volta i condannati, torturati così tanto da essere irriconoscibili, furono trasportati con un carro dalla cascina templare fino a quel luogo; le prime vittime restarono legate tra loro, sul palco, per oltre un'ora ad attendere il supplizio.

Con i confratelli Felicius, Ambroise, Goffredo e Ugo, Ludovicus fu posto al centro nella prima fila. Lui era il capo, si voleva che il popolo ne testimoniasse, senza ombra di sospetto, il supplizio e... l'espiazione o forse la confessione.



ESTRATTO DAL LIBRO

«PROTÉGÉ LE SUAIRE!».

Fu il grido lanciato da Everardo quando vide che i quindici cavalieri erano pronti alla partenza.

«AVEC NOTRE COEUR ET NOTRE SANGRE...» risposero all'unisono i prescelti, a cavallo con la spada sguainata, appena fuori delle mura di Costantinopoli, mentre gli altri due gruppi si dirigevano verso nord, direzione ovvia per chi fuggiva ma anche per chi inseguiva, Ludovicus riuscì a convincere i suoi compagni per la direzione opposta: verso il sud.

Attraversarono il Bosforo per poi puntare in direzione d'Izmir. Un gruppo di templari sulle orme dell'armata crociata poteva sembrare alquanto strano; così decisero di lasciare l'abito sacro ben nascosto e travestirsi da mercanti.


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